Fascite plantare
La fascite plantare è la più comune causa di dolore calcaneare (tallonite o tallodinia). Si manifesta soprattutto tra gli sportivi ed è causata dalla ripetizione continua di eccessivi sovraccarichi a livello del piede.
Sotto il piede sottesa dal calcagno alla base delle dita c’è una robusta fascia fibrosa detta aponeurosi plantare. Questo legamento durante la deambulazione e la corsa quando il piede si eleva sulle punte staccando il tallone dal suolo si mette in tensione.
Quando questa fascia ed i tessuti circostanti a causa dell’eccessivo utilizzo si infiammano si produce il tipico dolore plantare.
CAUSE
La fascite insorge in seguito a ripetizione continua di microtraumi che si ripercuotono sulla fascia plantare “sfibrandola” poco a poco.
Alla base di questa degenerazione vi è la perdita di elasticità della fascia associata ad un suo eccessivo accorciamento. Queste lesioni sono impercettibili e per nulla gravi ma così come insorgono lentamente dopo prolungate e ripetute sollecitazioni nel tempo, allo stesso modo necessitano di tempi piuttosto lunghi per essere riparate (solitamente vari mesi).
Ogni volta che ci solleviamo sulle punte la fascia plantare viene stirata, ma solo in determinate situazioni si produce tale infiammazione.
Un’attività sportiva che richiede vigorosa azione di spinta del piede, il sovrappeso, piedi con una conformazione tale da sollecitare maggiormente la fascia (piedi cavi o pronati, tendini d’Achille corti), calzature che fanno lavorare in maniera anomala la fascia sono tutte situazioni predisponenti l’insorgenza della fascite.
SINTOMI
Il sintomo principale della fascite plantare è il dolore, spesso più severo al risveglio. Dopo questa prima fitta il dolore tende a diminuire piuttosto rapidamente per poi ricomparire dopo una lunga passeggiata o al termine della giornata. E’ particolarmente evidente nel fare le scale.
Negli sportivi il dolore insorge solitamente nelle fasi di riscaldamento iniziale per poi scomparire mano a mano che l’allenamento prosegue. In ambito sportivo sono particolarmente a rischio i corridori di fondo, i saltatori (basket, pallavolo) ed i giocatori di calcio.
Durante il riposo notturno i disturbi scompaiono poiché si verifica la situazione opposta: le punte dei piedi sono rilassate e tendono a guardare verso il basso e di conseguenza la fascia plantare non è più in tensione
Il punto nel quale il dolore si manifesta più frequentemente è l’inserzione calcaneare dell’aponeurosi che dopo la degenerazione tende ad infiammarsi causando il caratteristico dolore nella regione plantare interna del calcagno.
In fase avanzata il dolore può spostarsi verso l’avampiede migrando lungo tutta la pianta e risparmiando soltanto le dita.
DIAGNOSI
Solitamente la diagnosi di fascite plantare viene effettuata dopo un’attenta valutazione clinica della sintomatologia. Indagini strumentali, come radiografie e TC non sono solitamente necessarie. Il riscontro di sperone calcaneare è casuale e non è la causa della fascite.
TERAPIA
Il trattamento della fascite plantare è nella quasi totalità dei casi incruenta. Molto raramente e solo se dopo molti mesi si sono dimostrate inefficaci le cure fisiche e mediche si dovrà prendere in considerazione il trattamento chirurgico.
Il trattamento incruento comprende:
Riposo: bisogna evitare di camminare o rimanere in piedi troppo a lungo, specie su superfici rigide. Gli sportivi dovranno sospendere per qualche settimana gli allenamenti per alleviare il dolore e iniziare a ridurre l’infiammazione locale. Assolutamente controproducente continuare ad allenarsi “nascondendo” il dolore con farmaci analgesici. In caso di dolore particolarmente intenso può essere utile utilizzare delle stampelle per scaricare completamente il piede dolente.
Ghiaccio: è utile poiché riduce il dolore e combatte lo stato infiammatorio locale Esercizi di allungamento: lo stretching della fascia plantare e del tendine d’Achille aiuta a distendere i tessuti che circondano il calcagno, favorendo la guarigione.
Farmaci antinfiammatori: riducono il dolore e l’infiammazione locale possono essere somministrati per via orale o topica
Plantari: quasi sempre indispensabili. Permettono al piede di mantenere costantemente il corretto appoggio e la corretta ripartizione dei carichi all’interno di sandali da casa, scarpe da passeggio e scarpe sportive. Devono ovviamente essere confezionati su misura con impronta.
Infiltrazioni: nei casi di dolore molto intenso dall’inizio o di dolore resistente dopo varie settimane di terapia è indicato un ciclo di qualche iniezione locale di cortisone. Di tale terapia non si deve abusare perché ripetuti cicli possono favorire l’indebolimento della fascia plantare ed atrofizzare il cuscinetto adiposo che protegge il tallone.
Terapie fisiche: ultrasuoni, massaggio e soprattutto onde d’urto sono efficaci. Proprio queste ultime aumentano la velocità di rigenerazione legamentosa causando veri e propri microtraumi all’interno dell’aponeurosi plantare. Nonostante l’apparente contraddizione queste onde d’urto aumentano la capillarizzazione locale ed il metabolismo cellulare favorendo il processo di riparazione spontanea del tessuto legamentoso.
Se dopo almeno 10-12 mesi tutti questi trattamenti si dimostrano inefficaci il medico potrà decidere di ricorrere al trattamento chirurgico.
L’intervento chirurgico si può effettuare in endoscopia o con le tecniche chirurgiche tradizionali e consta nel “release della fascia plantare” ovvero dei piccoli tagli lungo l’aponeurosi che ne consentono il rilascio e l’allungamento. In caso di intervento la ripresa delle normali attività avviene in 3 settimane, le attività sportive possono riprendere dopo due o tre mesi.